Premessa
La Costituzione della Repubblica Italiana al 1° comma dell’art. 98, prevede che “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, pertanto essi devono rendere la propria prestazione lavorativa retribuita soltanto all’Ente pubblico da cui dipendono, ai fini di garantire il rispetto dei principi di “buon andamento e imparzialità dell’amministrazione” sanciti dall’art. 97: i dipendenti pubblici non devono disperdere energie in altre attività possano distoglierli dal lavoro per lo stato, mettendone a rischio l’indipendenza e l’imparzialità.
Anche il Testo Unico degli impiegati civili dello Stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, ha riservato attenzione agli incarichi aggiuntivi dei dipendenti pubblici, disciplinando negli artt. da 60 a 65 i casi di incompatibilità, i limiti, ecc.
La successiva previsione normativa dell’art. 58 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, emanata nel contesto della privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, ha mitigato il regime delle incompatibilità, fissando, nel contempo, criteri oggettivi per il conferimento di incarichi relativi a specifiche professionalità e introducendo norme per rafforzare la trasparenza (es. Anagrafe delle prestazioni).
Il Testo Unico che disciplina gli incarichi alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni attualmente vigente, approvato con il D.Lgs. 30 marzo 2001, n.165, ha fatto confluire la disciplina generale sull’incompatibilità nell’art. 53, che è stato, negli anni, oggetto di diverse modifiche (al testo originario, costituito da 16 commi, sono stati aggiunti i commi 1bis, 3bis, 7bis, 16bis, 16ter).
Occorre, inoltre, segnalare che la materia delle incompatibilità, anche dopo la privatizzazione del rapporto di impiego, è riservata alla disciplina legislativa, perciò non può essere derogata dalle parti o dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
Sintesi delle disposizioni
Per quanto riguarda le deroghe al principio di esclusività, con la regolamentazione della possibilità di svolgere altri incarichi, si rinvia ai paragrafi successivi.
Disposizioni specifiche per il personale docente
Per quanto riguarda il personale docente, il legislatore, oltre alle norme più generali del pubblico impiego, ha previsto una lex specialis: l’art. 508, commi da 7 a 14, del D.Lgs. 297/1994 stabilisce specifiche previsioni per gli insegnanti. In particolare:
- il comma 7 prevede il divieto di cumulo di impieghi pubblici;
- il comma 10, prevede che il personale docente non possa:
- esercitare attività commerciale, industriale e professionale;
- assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati;
- accettare cariche in società costituite a fine di lucro (tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato).
Rispetto agli altri dipendenti pubblici, l’art. 508 prevede alcune deroghe significative al principio di esclusività: ai docenti è concessa la possibilità di sostenere lezioni private e di esercitare la libera professione. Si rinvia ai paragafi
A titolo esemplificativo e non esaustivo, si citano alcune attività che, a seguito di indirizzi giurisprudenziali o particolari disposizioni sono ritenute incompatibili:
- gli incarichi che si svolgono a favore di soggetti fornitori di beni o servizi, relativamente a quei dipendenti delle strutture che partecipano a qualunque titolo all’individuazione del fornitore,
- gli incarichi che si svolgono nei confronti di soggetti verso cui la struttura di assegnazione del dipendente svolge funzioni di controllo, di vigilanza o sanzionatorie, salve le ipotesi espressamente previste dalla legge;
- gli incarichi che, per il tipo di attività o per l’oggetto, possono creare nocumento all’immagine dell’amministrazione, anche in relazione al rischio di utilizzo o diffusione illecita di informazioni di cui il dipendente è a conoscenza per ragioni di ufficio;
- le attività per le quali l’incompatibilità è prevista dal D. Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, che disciplina l’inconferibilità e l’incompatibilità degli incarichi presso le amministrazioni pubbliche.
Riguardo agli incarichi in società costituite a fine di lucro va precisato che:
- il dipendente pubblico non può essere nominato amministratore, consigliere, sindaco, ecc. (salvo che non si tratti di nomine riservate allo Stato), ma può essere socio, cioè titolare di azioni, perché è libero di investire i propri soldi come ritiene più opportuno;
- nel caso di società cooperative (caratterizzate dalla prevalenza, e in alcuni casi dalla esclusività, dei fini mutualistici rispetto a quelli di lucro), è possibile ricoprire incarichi;
Procedura in caso di violazione del divieto
Ai sensi dell’art. 63 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 e dell’art. 508, commi da 10 a 14, del D.Lgs. 297/1994, il lavoratore che non osservi i divieti viene diffidato dall’amministrazione di appartenenza a cessare dalla situazione di incompatibilità.
Decorsi quindici giorni dalla diffida, senza che l’incompatibilità sia cessata, il dipendente decade dall’impiego.
Qualora, invece, l’impiegato ottemperi alla diffida eliminando l’incompatibilità, nei suoi confronti può avere inizio un procedimento disciplinare per il comportamento posto in essere dal dipendente.
Normativa di riferimento
Art. 508, commi da 7 a 14, del D.Lgs. 297/1994:
“7. L'ufficio di docente, di direttore didattico, di preside, di ispettore tecnico e di ogni altra categoria di personale prevista dal presente titolo non è cumulabile con altro rapporto di impiego pubblico.
8. Il predetto personale che assuma altro impiego pubblico è tenuto a darne immediata notizia all'amministrazione.
9. L'assunzione del nuovo impiego importa la cessazione di diritto dall'impiego precedente, salva la concessione del trattamento di quiescenza eventualmente spettante ai sensi delle disposizioni in vigore.
10. Il personale di cui al presente titolo non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato e sia intervenuta l'autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione.
11. Il divieto, di cui al comma 10, non si applica nei casi di società cooperative.
12. Il personale che contravvenga ai divieti posti nel comma 10 viene diffidato dal direttore generale o capo del servizio centrale competente ovvero dal provveditore agli studi a cessare dalla situazione di incompatibilità.
13. L'ottemperanza alla diffida non preclude l'azione disciplinare.
14. Decorsi quindici giorni dalla diffida senza che l'incompatibilità sia cessata, viene disposta la decadenza con provvedimento del direttore generale o capo del servizio centrale competente, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale appartenente ai ruoli nazionali; con provvedimento del provveditore agli studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, per il personale docente della scuola materna, elementare e media e, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale docente degli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore”.
Art. 53, comma 1, del D.Lgs. 165/2001:
“1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, salva la deroga prevista dall'articolo 23-bis del presente decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dagli articoli 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508 nonché 676 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, all'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed ogni altra successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina.”
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