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Istituto Comprensivo Randi di Ravenna (RA)
ISTITUTO COMPRENSIVO
"RANDI"
Via Marconi, 9/15 - 48124 Ravenna (RA) - Tel. 0544 405525
E-mail: RAIC82600Q@istruzione.it - PEC: RAIC82600Q@pec.istruzione.it
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2. Le attività che richiedono autorizzazione

2. LE ATTIVITA’ CHE DEVONO ESSERE PREVENTIVAMENTE AUTORIZZATE

 

2.1 Le lezioni private

 

Sintesi delle disposizioni

Ai sensi dell’art. 508, commi da 1 a 6, del D.Lgs 297/1994:

- agli insegnanti non è consentito svolgere lezioni private per alunni del proprio istituto (sono nulli gli scrutini ai quali abbia preso parte un docente che abbia dato lezioni private all’alunno scrutinato);

- gli insegnanti che svolgono lezioni private per alunni di altri istituti devono dichiararlo per iscritto e chiedere l’autorizzazione al Dirigente Scolastico.

Modalità di presentazione della domanda

La richiesta va presentata all’ufficio Personale delle Segreteria mediante il modulo ALLEGATO B.

La scuola ha 30 giorni di tempo dalla ricezione della richiesta per pronunciarsi e rilasciare l’autorizzazione.

In caso di diniego ha l’obbligo di mettere per iscritto i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza, ai sensi dell’art. 10-bis della Legge n. 241/90, novellato dall’art. 6 della Legge n. 15/2005.

Assenza di obblighi di comunicazione alla Funzione Pubblica (Anagrafe delle prestazioni)

In caso di autorizzazione allo svolgimento di lezioni private la scuola NON dovrà comunicare in via telematica al Dipartimento della Funzione Pubblica l’autorizzazione concessa.

 

Normativa di riferimento

Art. 508, commi da 1 a 6 del D.Lgs. 297/1994:

1. Al personale docente non è consentito impartire lezioni private ad alunni del proprio istituto.

2. Il personale docente, ove assuma lezioni private, è tenuto ad informare il direttore didattico o il preside, al quale deve altresì comunicare il nome degli alunni e la loro provenienza.

3. Ove le esigenze di funzionamento della scuola lo richiedano, il direttore didattico o il preside possono vietare l'assunzione di lezioni private o interdirne la continuazione, sentito il consiglio di circolo o di istituto.

4. Avverso il provvedimento del direttore didattico o del preside è ammesso ricorso al provveditore agli studi, che decide in via definitiva, sentito il parere del consiglio scolastico provinciale.

5. Nessun alunno può essere giudicato dal docente dal quale abbia ricevuto lezioni private; sono nulli gli scrutini o le prove di esame svoltisi in contravvenzione a tale divieto.

6. Al personale ispettivo e direttivo è fatto divieto di impartire lezioni private.”

 

 

2.2 La libera professione

 

Sintesi delle disposizioni

Ai sensi dell’art. 508, commi 15 e 16, del D.Lgs. 297/1994, al personale docente è consentita, previa autorizzazione del DS, l’esercizio di “libere professioni” alle seguenti condizioni:

- non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente;

- siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio.

Inoltre, ai sensi dell’art. 1 comma 56 bis della legge 662 del 1996, come modificata dalla legge 28 maggio 1997 n. 140, l’esercizio della libera professione di un dipendente pubblico è subordinato anche alle seguenti ulteriori limitazioni:

- che gli eventuali incarichi professionali non siano conferiti dalle amministrazioni pubbliche;

- che l’eventuale patrocinio in controversie non coinvolga come parte una pubblica amministrazione.

La prerogativa di esercitare la libera professione, riconosciuta fra tutti i dipendenti pubblici unicamente agli insegnanti, ha creato problemi e alimentato discussioni. Un intervento chiarificatore si è avuto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 284 del 19-23 dicembre 1986, secondo la quale:

“Il legislatore ha attribuito al personale docente la facoltà di esercitare la libera professione sul presupposto dell’influenza positiva che all’attività didattica può derivare dalla pratica professionale: questa, invero, arricchendo il patrimonio culturale del docente con l’esperienza concreta, può consentire, anche in relazione al continuo progresso delle varie discipline, un insegnamento non limitato ad un’astratta problematica, ma aderente al continuo divenire della realtà. Peraltro essa è prevista entro precisi limiti, in quanto (...) non consente l’esercizio professionale se nei singoli casi esso possa risultare pregiudizievole alla funzione didattica o all’orario di insegnamento e di servizio”.

Cosa sono le libere professioni

La libera professione e un’attività svolta in maniera autonoma, a livello professionale, normalmente per più committenti. Tale attività dev’essere riconducibile alla regolazione giuridica della “professione intellettuale” di cui agli artt. 2229 e segg. del Codice Civile che attribuiscono alla legge il potere di stabilire quali siano le professioni intellettuali per il cui esercizio e necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi, previo iter formativo stabilito dalla legge e superamento di un esame di abilitazione.

Situazioni particolari: la professione forense

Una situazione particolare riguarda lo svolgimento della libera professione forense, ossia la professione di avvocato:

- per i docenti di discipline giuridiche di scuole di II grado o di università, è possibile chiedere l’autorizzazione a svolgere la libera professione forense, come previsto dalla legge 247/2012 art. 19;

- per i docenti delle scuole del I ciclo (primaria e secondaria di primo grado) e per i docenti delle altre discipline delle scuole secondarie di secondo grado è prevista l’incompatibilità con l’esercizio della libera professione forense, salvo che il docente sia iscritto all’albo da prima del 02/02/2013 (l’articolo 19 della legge 247/2012 non riguarda infatti gli avvocati iscritti all’albo già alla data di entrata in vigore della legge stessa, il 02/02/2012, per i quali si applica, invece, la norma precedente, ossia quanto previsto dall’articolo 3, c. IV, del R.D. n. 1578/1933: in sostanza il docente iscritto all’albo in data anteriore al 2 febbraio 2013, può continuare a esercitare la professione di avvocato pur non insegnando discipline giuridiche).

Inoltre, anche in presenza di regolare autorizzazione all’esercizio della libera professione, non è possibile patrocinare in controversie che coinvolgano l’amministrazione scolastica, ai sensi dei principi generali che regolano il lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione e di una specifica norma di legge (art. 1 comma 56 bis della legge 662 del 1996, come modificata dalla legge 28 maggio 1997 n. 140), come è stato ribadito da specifici pronunciamenti giurisprudenziali (vedi Cassazione Civile - Sez. Lavoro - sentenza n. 26016 del 17 ottobre 2018).

Le professioni non regolamentate

Con la Legge 14 gennaio 2013 n. 4 sono state disciplinate le cosiddette professioni non regolamentate; la legge definisce “professione non organizzata in ordini o collegi” l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale (e/o artistico), o comunque con il concorso di questo, con esclusione:

- delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del Codice civile;

- delle attività e mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche norme.

Con la Legge 4/2013 si introduce il principio del libero esercizio della professione fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica del professionista (ad es. cuoco, maitre, osteopata, naturopata ecc..) che può scegliere la forma in cui esercitare la propria professione (autonoma, individuale, associata o societaria, oppure dipendente).

Chiunque svolga una professione non regolamentata deve contraddistinguere la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l’indicazione “professionista di cui alla legge 4/2013”.

Per quanto riguarda l’applicabilità di tale norma anche al personale della scuola, si richiama la nota prot. 26025 del 13.9.2022 dell’USR Lombardia: anche in caso di professione svolta ai sensi della legge 4/2003, è possibile chiedere l’autorizzazione allo svolgimento della libera professione alle stesse condizioni previste per le libere professioni regolate dall’art. 2229 del Codice civile.

Rientra nelle libere professioni non regolamentate anche l’attività concertistica dei docenti di discipline Musicali e Strumentali.

Modalità di presentazione della domanda

La richiesta va presentata all’ufficio Personale delle Segreteria mediante il modulo ALLEGATO C.

La scuola ha 30 giorni di tempo dalla ricezione della richiesta per pronunciarsi e rilasciare l’autorizzazione.

In caso di diniego ha l’obbligo di mettere per iscritto i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza, ai sensi dell’art. 10-bis della Legge n. 241/90, come novellato dall’art. 6 della Legge n. 15/2005.

Per le professioni che perdurano nel tempo, la richiesta di autorizzazione deve essere effettuata ogni inizio di anno scolastico, perché è necessario rivalutare la compatibilità tra attività libero-professionale e attività docente (cfr. Sentenza della Sezione giurisdizionale centrale di appello Corte dei conti n. 264/2019).

Assenza di obblighi di comunicazione alla Funzione Pubblica (Anagrafe delle prestazioni)

In caso di autorizzazione alla libera professione, la scuola NON dovrà comunicare in via telematica al Dipartimento della Funzione Pubblica l’autorizzazione concessa.

Obblighi previdenziali e fiscal e titolarità di partita IVA

I redditi derivanti dall’esercizio di attività libero-professionali autorizzati non devono essere comunicati al Dirigente Scolastico (perché esclusi dall’Anagrafe delle prestazioni), ma devono essere ovviamente dichiarati al fisco, perchè sono soggetti a contributi previdenziali e all’IVA nei casi previsti.

Siccome è espressamente escluso per l’insegnante l’esercizio di attività imprenditoriale, la titolarità di partita IVA è compatibile con la funzione docente solo per l’esercizio di attività libero professionale.

Personale in regime di part time non superiore al 50% dell’orario

Ai sensi dell’art. 1, commi da 57 a 61 della L. 662 del 23/12/1996, i dipendenti in regime di part time fino al 50% dell’orario possono svolgere un’altra attività lavorativa sia come dipendente (ma non con una Amministrazione Pubblica) sia come lavoratore autonomo, a condizione che tali attività non comportino un conflitto di interesse con la specifica attività di servizio del dipendente.

Sono comunque tenuti a comunicare lo svolgimento dell’attività aggiuntiva, a pena decadenza dall’impiego (art. 1, c. 61, L. 662/1996) attraverso la presentazione del modulo ALLEGATO A all’Ufficio Personale della Segreteria.

Naturalmente, le stesse norme che permettono di esercitare la professione forense al docente di materie giuridiche della scuola secondaria a tempo pieno (vedi sopra) valgono anche per il docente che insegna le stesse materie con part-time con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno.

Tuttavia occorre precisare che gli altri dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni (per i quali sussiste ad oggi, il divieto di svolgere la libera professione) non possono svolgere la professione di avvocato, neppure in caso di rapporto di lavoro part time con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno.

Infatti, vi è stata una grossa resistenza da parte degli ordini professionali degli avvocati, i quali non hanno accolto le richieste di iscrizione dei dipendenti pubblici in part-time, invocando un Regio Decreto del 1934 (considerato lex specialis) che vieta ai dipendenti pubblici - tranne a quelli dei ruoli legali interni - di iscriversi agli ordini. Tale diniego è stato oggetto di contenziosi, ma le pronunce della Corte Costituzionale (ordinanza 12-20 maggio 1999, n. 183 e sentenza 4-11 giugno 2001, n. 189, sentenza 390/2006, ordinanza 91/2009, sentenza 166/2012) e gli interventi legislativi (legge 25/11/2003) hanno confermato il divieto in essere.

Per la scuola, tale situazione giuridica determina il fatto che, come ribadito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sentenza 28 ottobre 2015, n. 21949), un docente che non insegna materie giuridiche nella scuola secondaria, dell’orario completo, non può iscriversi all’ordine degli avvocati neppure se in regime di part time non superiore al 50% (a meno che non sia iscritto prima del 02/02/2013).

 

Normativa di riferimento

Art. 508, commi 15 e 16 del D.Lgs. 297/1994:

“15. Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l'esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all'assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l' orario di insegnamento e di servizio.

16. Avverso il diniego di autorizzazione è ammesso ricorso al provveditore agli studi, che decide in via definitiva”.

 

 

2.3 Attività temporanee e occasionali anche non retribuite

 

Sintesi delle disposizioni

Le prime norme che mettevano ordine nella disciplina delle incompatibilità stabilendo quali attività fossero consentite nella risalgono all’art. 58 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, successivamente confluito nell’art. 53 del D.Lgs 165/2001 con numerose modifiche e integrazioni.

La Circolare n. 3 del 19 febbraio 1997 del Dipartimento della Funzione Pubblica aveva chiarito che le attività consentite sono un’eccezione rispetto al prevalente e generale principio di incompatibilità, con la conseguenza che il potere di autorizzazione delle amministrazioni deve essere esercitato secondo criteri oggettivi e idonei a verificare la compatibilità dell’attività extra istituzionale in base alla natura della stessa, alle modalità di svolgimento e all’impegno richiesto.

Ai sensi dell’art. 53, commi da 6 a 16, del D.Lgs. 165/2001 e ss.mm.ii, per il personale della Scuola è richiesta specifica autorizzazione da parte del Dirigente Scolastico per l’esercizio di attività retribuite e non, temporanee e occasionali, ivi compresi gli incarichi da parte di amministrazioni pubbliche:

Le condizioni per cui possono essere autorizzati incarichi sono le seguenti:

- la temporaneità e l’occasionalità dell’incarico: sono autorizzabili le attività di lavoro non subordinato esercitate sporadicamente ed occasionalmente, anche se eseguite periodicamente e retribuite, qualora per l’aspetto quantitativo e per la mancanza di abitualità, non diano luogo ad interferenze con l’impiego;

- il non conflitto con gli interessi dell’amministrazione e con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione;

- la compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa cui il dipendente è addetto: l’attività di cui si chiede l’autorizzazione deve essere svolta al di fuori dell’orario di servizio e non deve pregiudicarne il regolare svolgimento.

A titolo puramente esemplificativo e non esaustivo, si segnalano alcune attività compatibili previa autorizzazione:

- partecipazione a società agricole a conduzione familiare, purchè l’attività svolta non sia continuativa, ma modesta (il Dipartimento della funzione pubblica, con circolare n. 6del 18 luglio 1997, ha precisato che l’impegno richiesto durante l’anno non deve essere abituale o continuato);

- incarichi conferiti da altre amministrazioni pubbliche per far parte di collegi sindacali, commissioni di vigilanza, commissioni tributarie, per consulenze tecniche, ecc.;

- l’attività di amministratore di condominio del proprio fabbricato (l’impegno deve riguardare la cura dei propri interessi);

- attività di collaborazione svolte gratuitamente con i familiari che siano impegnati in imprese artigiane, commerciali, agricole, sempreché trattasi di attività saltuaria e non sistematica;

- assunzione di cariche in società cooperative purché l’impegno e le modalità di svolgimento non pregiudichino l’attività ordinaria del dipendente e non vi sia conflitto di interessi con l’amministrazione di appartenenza;

- assunzione di cariche in società ricreative, culturali, sportive il cui atto costitutivo preveda il reinvestimento degli utili nella società per il perseguimento esclusivo dell’attività sociale;

- ecc

Sono invece espressamente escluse dall’obbligo di autorizzazione alcune attività per le quali si rimanda al successivo paragrafo 3.

Situazioni particolari: collaborazioni plurime con altre scuole

Rientra nell’ambito delle attività compatibili ma che richiedono preventiva autorizzazione le collaborazioni plurime con altre scuole previste dal CCNL Scuola del 29/11/2007:

- per i docenti all’art. 35:

“1. I docenti possono prestare la propria collaborazione ad altre scuole statali che, per la realizzazione di specifici progetti deliberati dai competenti organi, abbiano necessità di disporre di particolari competenze professionali non presenti o non disponibili nel corpo docente della istituzione scolastica. Tale collaborazione non comporta esoneri anche parziali dall'insegnamento nelle scuole di titolarità o di servizio ed è autorizzata dal dirigente scolastico della scuola di appartenenza, a condizione che non interferisca con gli obblighi ordinari di servizio”.

- per il personale ATA all’art. 57:

“1. Il personale ATA può prestare la propria collaborazione ad altra scuola per realizzare specifiche attività che richiedano particolari competenze professionali non presenti in quella scuola. Tale collaborazione non comporta esoneri, anche parziali, nella scuola di servizio ed è autorizzata dal dirigente scolastico sentito il direttore dei servizi generali ed amministrativi”.

NB: Nel caso specifico di collaborazioni plurime per attività di FORMAZIONE o DOCENZA presso altre scuole si rimanda al paragrafo 3.

Modalità di presentazione della domanda

La richiesta va presentata all’ufficio Personale delle Segreteria mediante il modulo ALLEGATO D.

La scuola ha 30 giorni di tempo dalla ricezione della richiesta per pronunciarsi e rilasciare l’autorizzazione.

Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza:

- l'autorizzazione è subordinata all'intesa tra le due amministrazioni: si prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza;

- il termine per provvedere è per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni.

Decorso il termine per provvedere (30 o 45 giorni), l'autorizzazione:

- se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata (silenzio-assenso);

- in ogni altro caso, si intende definitivamente negata (silenzio-diniego).

In caso di diniego espresso, la scuola ha l’obbligo di mettere per iscritto i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza, ai sensi dell’art. 10-bis della Legge n. 241/90, novellato dall’art. 6 della Legge n. 15/2005.

Comunicazione alla Funzione Pubblica (Anagrafe delle prestazioni)

Per dare pubblicità e trasparenza, nonché monitorare la spesa pubblica relativa agli incarichi conferiti ai pubblici dipendenti, ai consulenti e collaboratori esterni è stata istituita dall’art. 24 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, una specifica banca dati denominata “Anagrafe delle prestazioni”.

La legge 190/2012 ha modificato l’art. 53 del D.lgs. 165/2001: la norma impone che le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti debbano comunicare in via telematica al Dipartimento della Funzione Pubblica (Anagrafe delle Prestazioni) gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi entro 15 giorni dall’autorizzazione o dal conferimento.

Inoltre, entro 15 giorni dall’erogazione del compenso per gli incarichi, i soggetti pubblici o privati comunicano l’ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici all’amministrazione di appartenenza, che ha l’obbligo di comunicare al dipartimento della Funzione Pubblica i compensi erogati dalla stessa o da altre amministrazioni.

Conseguenze del mancato rispetto delle disposizioni

Ai sensi dei commi 8 e 9, art. 53 del D.Lgs. 165/2001, se l’attività svolta dal dipendente e ricadente nei casi sopra indicati viene svolta senza informazione e previa autorizzazione del DS si applica la risoluzione del contratto e l’applicazione del danno erariale, con restituzione delle somme guadagnate dal dipendente per il periodo di vigenza del contratto viziato dal difetto di incompatibilità.

Personale in regime di part time non superiore al 50% dell’orario

Ai sensi dell’art. 1, commi da 57 a 61 della L. 662 del 23/12/1996, i dipendenti in regime di part time fino al 50% dell’orario possono svolgere un’altra attività lavorativa sia come dipendente (ma non con una Amministrazione Pubblica) sia come lavoratore autonomo, a condizione che tali attività non comportino un conflitto di interesse con la specifica attività di servizio del dipendente.

Sono comunque tenuti a comunicare lo svolgimento dell’attività aggiuntiva, a pena decadenza dall’impiego (art. 1, c. 61, L. 662/1996) attraverso la presentazione del modulo ALLEGATO A all’Ufficio Personale.

Occorre, tuttavia, precisare che qualora l’incarico sia attribuito da una Pubblica Amministrazione (ad es. da un’altra scuola), anche i dipendenti in regime di part time fino al 50% dell’orario, devono chiedere l’autorizzazione come accade per tutti gli altri i dipendenti (modulo ALLEGATO D).

 

Normativa di riferimento

Art. 53, commi da 6 a 16, del D.Lgs. 165/2001, e successive modifiche e integrazioni:

“6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali.

Sono nulli tutti gli atti e provvedimenti comunque denominati, regolamentari e amministrativi, adottati dalle amministrazioni di appartenenza in contrasto con il presente comma.

Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso.

Sono esclusi i compensi e le prestazioni derivanti:

a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;

b) dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali;

c) dalla partecipazione a convegni e seminari;

d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;

e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;

f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;

f-bis) da attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché di docenza e di ricerca scientifica”.

7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. (…). In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

7-bis. L’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti.

8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico, ove gravi su fondi in disponibilità dell'amministrazione conferente, è trasferito all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni ed integrazioni. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze.

10. L'autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l'incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione è subordinata all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata.

11. Entro quindici giorni dall’erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano all’amministrazione di appartenenza l’ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici.

12. Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo, ove previsto.

13. Le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare tempestivamente al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11”.

14. Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica, tempestivamente e comunque nei termini previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, i dati di cui agli articoli 15 e 18 del medesimo decreto legislativo n. 33 del 2013, relativi a tutti gli incarichi conferiti o autorizzati a qualsiasi titolo. Le amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico nonché l'attestazione dell'avvenuta verifica dell'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica, nonché le informazioni pubblicate dalle stesse nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica ai sensi del presente articolo, sono trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al terzo periodo del presente comma in formato digitale standard aperto. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di effettuare la comunicazione, avente ad oggetto l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza.
15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9. *

16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti, adotta le relative misure di pubblicità e trasparenza e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi.

16-bis. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica può disporre verifiche del rispetto delle disposizioni del presente articolo e dell' articolo 1, commi 56 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il tramite dell'Ispettorato per la funzione pubblica. A tale fine quest'ultimo opera d'intesa con i Servizi ispettivi di finanza pubblica del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

[*La Corte Costituzionale, con sentenza 29 aprile - 5 giugno 2015, n. 98 (in G.U. 1ª s.s. 10/6/2015, n. 23), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 53, comma 15, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 , nella parte in cui prevede che «I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9»].


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Permalink: 2. Le attività che richiedono autorizzazioneData di pubblicazione: 24/03/2024
Tag: 2. Le attività che richiedono autorizzazioneData ultima modifica: 24/03/2024 22:47:50
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